La traduzione editoriale ha delle specificità uniche rispetto al lavoro di traduzione effettuato in altri settori, e chi desidera capire come diventare traduttore di libri deve essere a conoscenza delle sue particolarità. Per scoprire di più, ci siamo rivolti a chi di traduzioni letterarie se ne intende. Stiamo parlando di Giuseppe Aletti della casa editrice Aletti Editore, marchio editoriale specializzato nella pubblicazione di libri di poesia, narrativa, saggistica e varia, sia in formato cartaceo che in eBook. Grazie ad una partnership con Aletti Editore, gli studenti della SSML Carlo Bo potranno cimentarsi nella traduzione in italiano di opere letterarie di successo.
Ma ora vediamo quali sono le caratteristiche di una traduzione letteraria e quali competenze vendono richieste a un traduttore di libri.
In cosa consiste una traduzione letteraria? Per quali tipi di testi o opere viene richiesta da una casa editrice?
“La traduzione è da sempre un momento controverso, si dice: “Traduttore traditore!”, oppure anche: “Il traduttore è come la moglie, più è fedele e più è brutta”. Tralasciando il lungo comune sull’aspetto estetico delle persone, non è questa la sede per disquisirne, le due affermazioni hanno entrambe delle verità nel rapporto testo letterario – traduttore. La difficoltà è comprendere come posizionarsi in mezzo a queste due questioni, non andare troppo oltre nell’interpretazione di un testo, ma anche evitare di tralasciare il tempo sospeso che ogni opera letteraria porta in dono; c’è bisogno di una grande sensibilità personale e anche di una approfondita conoscenza dell’utilizzo del linguaggio, che è cosa diversa dalla traduzione in sé.
Le traduzioni dovrebbero farle i poeti, che sono quelli più attenti a distendere le parole sulla pagina e hanno la consapevolezza del come e non del cosa tradurre. Questo non sempre è possibile, tuttavia con metodo e disciplina si possono raggiungere comunque ottimi risultati. Sulla questione delle tematiche adatte, questo varia in relazione alla linea editoriale di una casa editrice. Noi, ad esempio, traduciamo principalmente poesie, per cui è un fatto squisitamente culturale che è svincolato da logiche commerciali.”
Quali sono le lingue più richieste dalle case editrici per le traduzioni letterarie?
“Sono quelle più utilizzate: inglese, francese, tedesco. Personalmente sono affascinato dalla cultura orientale, e ho iniziato a tradurre in arabo e georgiano – fra poco inizieremo con il persiano – un mio libro pubblicato in Italia. Diventerà un vademecum per i poeti in lingua persiana, è un tipo di opera che non esiste nella loro cultura.”
Quali sono le caratteristiche fondamentali di una buona traduzione letteraria? Quali pensa che siano gli aspetti di una traduzione ben fatta?
“Cercare di capire la bolla emotiva nella quale l’opera è stata scritta, qual è l’urgenza comunicativa che ha spinto l’autore, sono cose che vanno oltre la possibilità di tradurre un testo. È un percorso difficile, quando è possibile il contatto tra traduttore e autore è fondamentale poiché spesso nelle varie lingue non esistono parole corrispondenti a significati precisi, per cui c’è bisogno di un confronto per dare una indicazione sul perché di una scelta stilistica. Quando non è possibile, il traduttore è obbligato a essere un archeologo dei sentimenti prima ancora che un buon traduttore.”
Come si svolge solitamente la selezione dei traduttori e come funziona la collaborazione tra una casa editrice e un traduttore letterario?
“Ogni casa editrice ha metodi diversi, posso tuttavia specificare qual è stato il mio. Ho istaurato come poeta (oltre che come editore) diverse collaborazioni negli anni, ho incontrato e mi sono confrontato con poeti e intellettuali affermati e di lingua madre provenienti da molte nazioni. Per l’arabo, ad esempio, ho scelto Hafez Haidar, che è diventato nel tempo un caro amico, e che è stato il traduttore della Fallaci, il curatore di Gibran, e ha tradotto per Mondadori Le mille e una notte, oppure Nunu Geladze che ha curato l’opera del poeta Georgiano Dato Magradze, già ministro della cultura e due volte candidato al Nobel. Ho fatto questi due esempi per indicare che quello che ho scelto è prima di tutto la persona che traduceva, conoscendone la cultura e la sensibilità per la materia che andava a trattare. Altre volte invece si fa un cammino diverso, si sceglie un traduttore giovane – fortemente motivato – e si inizia insieme un percorso di crescita personale, di auto miglioramento, di confronto. Nel primo caso ci si affida a chi già conosce la strada, nell’altro si costruisce una strada nuova da percorrere.”
Quali sono i requisiti che ritiene fondamentali e quali preferenziali per una buona collaborazione tra editore e traduttore letterario?
“Il traduttore deve essere generoso nel concedersi al testo, dando per scontato che sia una persona competente. Io mi soffermo molto sulle motivazioni profonde che portano a fare il traduttore. Non è un lavoro che si può fare senza una grande passione. Caratteristiche vincenti sono una grande meticolosità, perseveranza, perché spesso capita che non si trova il modo di “risolvere” un testo, e lì deve venire fuori la dedizione, il non accontentarsi.”
La collaborazione tra l’Istituto SSML Carlo Bo e Aletti Editore è sicuramente una grande opportunità per gli studenti di cimentarsi nella traduzione letteraria. Quali sono i consigli che darebbe a questi giovani traduttori per diventare degli abili professionisti?
“Di leggere, sempre, testi letterari, poesie, romanzi, saggi. Spesso si ha l’idea distorta che per tradurre basta avere una conoscenza perfetta della lingua; ma per tradurre poesie, ad esempio, bisogna invece avere una grande conoscenza del linguaggio creativo che utilizzano i poeti. Bisogna capire che la traduzione letteraria spesso non si muove sul piano logico razionale ma sul pensiero contro intuitivo; i poeti non si accontentano mai di dire le cose come farebbero tutti, e dunque riscostruiscono la realtà in maniera personale e non scontata. E un traduttore, se non sa utilizzare il pensiero creativo, sarà sempre perdente nel suo lavoro.
Tanto tempo fa, negli anni della mia formazione culturale e sentimentale, sono stato letteralmente folgorato da un film dei fratelli Taviani “Il sole anche di notte”, opera ispirata al romanzo “Padre Sergio” di Tolstoj. Ricordo ancora oggi – a distanza di trent’anni – la frase che racchiude il senso di tutta la pellicola: “Ho paura che ci cerca Dio non lo trovi, ma chi cerca la verità, forse, trova Dio”. Dopo poco tempo ho avuto la possibilità di leggere il libro in italiano pubblicato da una casa editrice industriale, di quelle che conoscono tutti, e ricordo nitidamente la delusione.Il traduttore non aveva capito né amato quel libro e lo traduceva come si traduce un manuale tecnico, senza sentimento, senza trasporto, di tutto il tempo sospeso dell’autore non c’era traccia. Un libro è un compagno di viaggio emotivo in un tempo che scorre parallelo alla vita di tutti i giorni, la lettura è una parentesi, questo il traduttore non dovrebbe dimenticarlo mai.”
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