Durante il loro percorso di studi in mediazione linguistica presso la SSML Carlo Bo, Giulia Girotti e Alice Pirovano hanno avuto l’opportunità di svolgere un’ esperienza di placement presso la Questura di Milano. Questa esperienza unica ha permesso loro di mettere in pratica le competenze linguistiche acquisite in aula e di confrontarsi con situazioni reali di mediazione e interpretariato in un contesto particolarmente complesso e stimolante. In questa intervista, Giulia e Alice condividono le loro esperienze, sfide e momenti gratificanti, offrendo uno sguardo approfondito sul ruolo del mediatore linguistico all’interno di un’importante istituzione pubblica.
Buongiorno ragazze! Piacere di conoscervi.
Potete brevemente presentarvi e raccontare come avete scoperto l’opportunità di stage presso la questura di Milano, e cosa vi ha spinto a candidarvi?
GIULIA: Buongiorno e grazie dell’opportunità. Mi chiamo Giulia e frequento il terzo anno. Studio inglese e spagnolo. Ho scoperto dell’opportunità di stage grazie alla professoressa Comoglio che, in accordo con i miei professori di spagnolo, mi ha proposto di intraprendere questa esperienza. Ho accettato perché lavorare come mediatrice e interprete è da sempre il mio sogno, l’idea della questura mi ha incuriosito moltissimo, nonostante io non sapessi proprio di cosa si trattasse. Avevo molta voglia di fare un’esperienza pratica di ciò che ogni giorno si apprende all’università.
ALICE: Buongiorno, mi chiamo Alice e sono una studentessa di arabo, attualmente frequento il terzo anno. Oltre all’inglese e all’arabo so parlare anche spagnolo e francese. Quando mi è stato comunicato di essere stata scelta per questa opportunità di stage ho subito accettato, perché ho sempre voluto lavorare in un ambito umanitario per poter mettere in pratica le lingue che ho studiato e per poter aiutare le persone.
Quali erano le vostre responsabilità principali durante lo stage e in che modo avete applicato le vostre competenze linguistiche nella pratica?
GIULIA: la questura ha due sedi. Nella sede principale, in via Montebello, di solito affianchiamo i poliziotti agli sportelli o all’entrata, nel box informazioni. Al piano di sopra c’è l’asilo politico: altri sportelli, e poi la sala dei mediatori. Lì affianchiamo i mediatori linguistici e culturali che informano i richiedenti sulla modalità di richiesta asilo, e fanno loro compilare un modulo, chiamato modello c3, sulle ragioni che li hanno portati a richiedere protezione internazionale.
La seconda sede si trova in via Cagni: lì si registra per la prima volta la domanda di protezione internazionale. Ho affiancato i mediatori nella compilazione dei moduli e nel dare informazioni, e dopo qualche settimana ho anche registrato qualche richiesta di asilo da sola!
ALICE: Durante lo stage abbiamo avuto la possibilità di lavorare come mediatrici vere e proprie, traducendo direttamente agli sportelli nel caso in cui gli utenti fossero in difficoltà a comunicare con gli agenti, oppure a supporto dei mediatori delle cooperative già presenti in questura durante i colloqui individuali con i richiedenti asilo. Dopo qualche settimana ho iniziato a svolgere io stessa i colloqui direttamente in arabo, sempre affiancata da una mediatrice madrelingua.
Quali sfide avete incontrato nel lavorare in un contesto così specifico come una questura e come le avete affrontate?
GIULIA: la sfida iniziale più grande è stata sicuramente entrare nell’argomento. Prima ancora di capire come si traducesse “permesso di soggiorno”, o termini simili, ho dovuto capire cosa fosse, come ottenerlo, quali fossero i requisiti…si impara tanto, anche nell’ambito del diritto internazionale.
L’aspetto psicologico è stata un’altra delle maggiori sfide a cui sono andata incontro: molte persone sono fragili, le situazioni complesse, ci sono grandi problematiche, molte donne sole con figli…è una realtà di cui si parla poco, si prende consapevolezza solo vivendola.
Guardando la realtà di ogni persona che ho incontrato in questura, mi sono resa conto di quanto veramente a volte siamo fortunati a vivere la vita che abbiamo.
ALICE: Personalmente la sfida maggiore è sempre stata, ovviamente, la lingua perché l’arabo è molto vario e cambia da paese a paese, di conseguenza molto spesso ho avuto a che fare con dialetti difficili. Però con il supporto degli altri mediatori sono sempre riuscita a dare una mano agli utenti. Un altro aspetto particolarmente sfidante è sicuramente quello psicologico, in quanto molto spesso mi sono trovata di fronte a situazioni familiari e personali complesse, e spesso in un ambiente così caotico e pieno di persone la tensione è veramente alta. Ciò nonostante, nel mio piccolo, poter contribuire in questo modo nella vita di una persona ripaga tutte le fatiche.
Quali sono stati i momenti più gratificanti o significativi dello stage per voi?
GIULIA: vedere un sorriso spuntare sul volto di una persona che si sente capita e compresa quando c’è un problema di incomunicabilità dovuto alla lingua è sicuramente gratificante. Mi è capitato di incontrare anche persone che vivono in Italia con un permesso di soggiorno da molti anni, ma vedere che c’è qualcuno che parla la loro lingua permette di potersi esprimere liberamente e in modo più tranquillo.
Un’altra cosa gratificante è stata rivedere i richiedenti asilo dopo giorni in questura: in via Cagni si registra la domanda di asilo e poi le ragioni della richiesta (modello c3) vengono registrate in via Montebello. Nel giro di dieci giorni, ho incontrato di nuovo tutti quelli che avevo già conosciuto in via Cagni, ed è davvero bello, soprattutto perchè mi riconoscono sempre.
ALICE: sicuramente il sorriso che si stampa sul volto dei richiedenti quando parli nella loro lingua è veramente gratificante, in particolare per chi parla una lingua così diversa come l’arabo sapere di essere compresi rende il tutto più facile e meno stancante.
In che modo ritenete che l’esperienza dello stage abbia arricchito il vostro percorso di studi in mediazione linguistica?
GIULIA: L’esperienza di stage ha arricchito il mio percorso di studi perché mi ha permesso di migliorare il mio inglese, e soprattutto il mio spagnolo, entrando in contatto anche con un accento diverso, quello sudamericano, e la rispettiva cultura. Inoltre, mi ha insegnato molto sicuramente dal punto di vista umano: come comunicare con gli altri, come gestire situazioni complesse e problematiche, e soprattutto come aiutare chi ha particolarmente bisogno rimanendo però comunque sempre “distaccati” (per quanto possibile).
ALICE: ho avuto la possibilità di praticare le lingue che studio e che già conoscevo, ho fatto esperienza diretta di mediazioni in contesti caotici e con accenti e dialetti diversi da quelli a cui siamo abituati in università. Ho imparato a fidarmi delle mie capacità e a gestire l’emotività.
Avete avuto l’opportunità di lavorare con diverse lingue durante lo stage? Se sì, quali e in che contesto?
GIULIA: Durante il nostro stage abbiamo sempre lavorato con le nostre lingue di studio, nel mio caso inglese e spagnolo. Nell’ambito dei permessi di soggiorno “classici” (per lavoro, studio, ricongiungimento familiare ecc) ho usato molto di più l’inglese. Nell’ambito invece delle richieste asilo, si usa moltissimo lo spagnolo, in quanto tantissimi richiedenti provengono dall’America Latina.
ALICE: Sì, mi è capitato molto spesso di lavorare sia con l’arabo che con il francese, e spesso ho tradotto anche da e verso lo spagnolo. Un giorno ho fatto un doppio lavoro di traduzione, parlando in arabo con un richiedente asilo egiziano e traducendo subito dopo verso il francese ciò che avevo appena detto affinché un mediatore francese, da poco presente in questura, capisse a pieno le domande del colloquio. A volte nella sezione chiamata “amministrativa” mi è capitato di parlare in inglese con studenti con un visto per studio o di lavoro.
Come avete gestito le situazioni di comunicazione complesse o di potenziale conflitto durante il vostro lavoro in questura?
GIULIA: mi è capitato di non riuscire a comprendere a pieno che cosa dicessero i richiedenti, oppure di non conoscere qualche termine e di non saperlo tradurre. Con tranquillità e rispetto ho sempre chiesto di ripetere. Siccome ci sono anche termini complessi, nel caso in cui non conoscessi qualcosa ho sempre cercato su internet, oppure chiesto aiuto ai mediatori che mi affiancavano. Mi è capitato di ritrovarmi anche in situazioni di potenziale conflitto, perché purtroppo quando c’è incomprensione a livello linguistico si crea un po’ di tensione. Penso che in quanto mediatori linguistici, il nostro ruolo e il nostro aiuto sia servito moltissimo sia per i poliziotti che per i richiedenti, entrambi in difficoltà.
In che modo pensate che questa esperienza vi possa influenzare nel vostro futuro professionale nel campo della mediazione linguistica?
GIULIA: L’esperienza in questura sicuramente mi ha permesso di migliorare molto dal punto di vista linguistico: lo spagnolo che si usa è quello sudamericano, quindi ci si abitua a una pronuncia diversa, a parole e modi di dire diversi rispetto a quelli che si studiano in università.
Inoltre, penso che un’esperienza simile possa essere un punto di partenza per le nostre scelte future: sicuramente ho capito che l’ambito sociale mi interessa molto, e anche lavorare a contatto con le persone, per poterle aiutare. Ho capito ancora di più che l’interpretariato, la mediazione e le lingue sono proprio la mia strada.
ALICE: facendo questo stage ho capito che mi piacerebbe molto lavorare nell’ambito sociale e che poter aiutare chi è in difficoltà grazie al mio lavoro è un aspetto che non potrà mancare nella mia vita lavorativa.
Quali consigli dareste ad altri studenti che potrebbero essere interessati a svolgere uno stage simile in futuro?
GIULIA: consiglierei assolutamente di farlo, si impara tanto, a livello linguistico e soprattutto a livello umano. A maggior ragione se è un ambito in cui si desidera lavorare: a me ha sempre incuriosito molto l’ambito giuridico, e questo è sicuramente un inizio di esperienza.
Anche l’ambiente lavorativo è stimolante: chi lavora è molto giovane, abbiamo fatto tutti subito amicizia.
E’ stato difficile trovare un equilibrio tra le lezioni, lo studio e la questura, ma ciò che mi ha lasciato e mi sta lasciando a livello umano non è paragonabile.
ALICE: non abbiate paura di sbagliare e fatevi coraggio, è il modo migliore per fare pratica e per combattere la timidezza. Se pensate che lavorare con le persone in ambito giuridico sia la vostra strada, allora è lo stage giusto per voi. Ciò che si impara a livello umano in uno stage del genere non lo si impara ovunque.
C’è qualche episodio o storia particolarmente interessante o istruttiva che vorreste condividere riguardo al vostro tempo trascorso in questura?
GIULIA: un giorno in questura sono arrivate una mamma con sua figlia per registrare la richiesta di protezione internazionale. Scappavano dal Perù. Erano scosse, ho capito subito che c’era qualcosa che non andava. Affiancando la mediatrice, abbiamo iniziato a parlare con la madre, la figlia era molto silenziosa, aveva 17 anni. Erano entrambe vittime di violenza domestica, erano scappate per paura e qua in Italia non avevano nulla. Mi ricordo ancora come, in lacrime, la signora mi disse che avrei dovuto sempre inseguire i miei sogni, perché mi avrebbero resa felice. E’ stato davvero toccante. Dopo aver registrato la domanda di protezione internazionale, abbiamo comprato a entrambe due biglietti della metro, per tornare a casa, abbiamo dato loro del cibo e il numero di un esperto che potesse dare aiuto e supporto psicologico. Sono entrate dalla questura piangendo per la paura, e sono uscite piangendo di gioia.
Dopo dieci giorni le ho riviste, la signora mi ha abbracciato fortissimo: avevo davvero il cuore pieno di gioia, ed è lì che ho veramente capito quanto il nostro ruolo di mediatori sia d’aiuto per gli altri.
Conclusioni sull’esperienza di stage in questura: un percorso di crescita personale e professionale
L’esperienza di stage presso la questura di Milano ha rappresentato per le nostre studentesse un’importante occasione di crescita sia personale che professionale. Attraverso il confronto quotidiano con persone provenienti da diverse realtà culturali e sociali, hanno potuto affinare le loro competenze linguistiche e sviluppare una maggiore consapevolezza delle problematiche legate alla migrazione e alla protezione internazionale. La capacità di gestire situazioni complesse e la sensibilità necessaria per affrontare contesti delicati sono state qualità fondamentali che le ragazze hanno appreso e che porteranno con sé nel loro futuro professionale. Il loro racconto non solo mette in luce l’importanza della mediazione linguistica in ambito umanitario, ma anche il valore di tali esperienze formative nel percorso educativo degli studenti della SSML Carlo Bo.
Invitiamo tutti coloro che sono interessati ai percorsi di studio in mediazione linguistica, a scoprire le opportunità offerte dalla SSML Carlo Bo. Partecipate al nostro prossimo Open Day per conoscere meglio i nostri programmi, parlare con i docenti e studenti, e scoprire come la nostra scuola possa aiutarvi a realizzare i vostri obiettivi accademici e professionali. Non perdete l’occasione di entrare a far parte di una comunità dinamica e internazionale, pronta a supportarvi nel vostro percorso di crescita.