Nel mondo moderno dei media, la traduzione audiovisiva svolge un ruolo cruciale nel garantire l’accessibilità e la fruizione globale di film, programmi televisivi, videogiochi e altri contenuti multimediali. La traduzione audiovisiva va ben oltre la semplice trasposizione linguistica: si tratta di un processo complesso che coinvolge la resa fedele dei dialoghi, l’adattamento ai diversi contesti culturali e la sincronizzazione con l’immagine e l’audio originale. Per comprendere a fondo questo affascinante campo e le opportunità che offre, abbiamo intervistato il docente di Traduzione audiovisiva Ralph Pacinotti, che sarà uno dei formatori durante la prossima Summer School SSML Carlo Bo. Attraverso questa intervista, esploreremo le sfide, le competenze richieste e le prospettive di carriera nella traduzione audiovisiva, offrendo agli aspiranti studenti un’anteprima coinvolgente di ciò che li aspetta in questo entusiasmante campo.
Buona Lettura!
Buongiorno Prof. Pacinotti. Iniziamo subito con la prima domanda:
Quali sono le principali sfide e opportunità della traduzione audiovisiva nel contesto dei media moderni?
Credo che la sfida principale sia la velocità di distribuzione che oggi caratterizza la produzione e il consumo dei prodotti audiovisivi in una pluralità di piattaforme. A questa si aggiungono le nuove abitudini di un pubblico più esigente e consapevole del tipo di pressione che può esercitare su chi produce film e serie TV per far valere le proprie esigenze e preferenze. Di conseguenza, chi lavora nel campo della traduzione audiovisiva (TAV) deve abituarsi a lavorare con scadenze molto serrate e ritmi spesso frenetici. Per quanto riguarda le opportunità, possiamo considerare il fatto che le società odierne sono sempre più avide di prodotti audiovisivi come fonti di informazione, intrattenimento, comunicazione, istruzione, ecc. Esiste quindi una domanda molto significativa, legata anche al tema dell’accessibilità dei media, che ha fatto e continua a fare da propulsore per lo sviluppo di questo settore in continua espansione. Un ultimo elemento, che rappresenta allo stesso tempo una sfida e un’opportunità, è il legame viscerale che unisce la TAV alla tecnologia. Da un lato, il rapido sviluppo della tecnologia determina la necessità di aggiornare continuamente le proprie competenze per non restare indietro; dall’altro, la nascita di strumenti sempre più sofisticati continua a spingere avanti il limite di ciò che è possibile, aprendo nuovi e stimolanti scenari.
Invece, per quanto riguarda le competenze linguistiche e culturali per diventare un traduttore audiovisivo di successo, quali sono quelle fondamentali?
Dal punto di vista schiettamente linguistico, credo che sia imprescindibile essere versati in una pluralità di tipologie e generi testuali. Per sottotitolare un documentario, ad esempio, dovrò conoscere il tipo di linguaggio che di norma caratterizza questi prodotti, un linguaggio pseudo-poetico e allo stesso tempo costellato di termini tecnici. Per adattare i dialoghi di un film narrativo, invece, dovrò essere consapevole del fatto che la lingua dei film non riflette in maniera realistica il parlato spontaneo, anche quando cerca di imitarlo da vicino: essendo il cosiddetto ‘filmese’ un linguaggio artificiale, dovrò adottare delle strategie per fare in modo che la sua artificialità non risulti ancora più evidente in traduzione. Inoltre, è importante saper utilizzare la lingua di arrivo in un’ampia gamma di registri, ad esempio per restituire in maniera efficace lo slang che permea molte serie TV. Queste considerazioni, a cui se ne potrebbero aggiungere molte altre, non dovrebbero tuttavia distogliere la nostra attenzione dal fatto che la dimensione verbale è solo un frammento del testo audiovisivo, una parte non autonoma di un insieme molto complesso in cui la globalità del senso è data dall’unione di tutte le modalità semiotiche coinvolte: immagini, musica, suoni, scritte sullo schermo, ecc. Certo, chi si occupa di sottotitolaggio o adattamento dei dialoghi può agire solo sulla componente verbale, ma non deve mai dimenticare che il senso del materiale verbale è fortemente influenzato da tutto il resto, il che può avere delle implicazioni molto importanti sul piano traduttivo. Dal punto di vista culturale, bisognerebbe avere la sensibilità di capire quando e in che modo la distanza tra la cultura di partenza e quella di arrivo rappresenta un ostacolo alla comprensione e/o all’apprezzamento del prodotto audiovisivo in questione. Gli stessi elementi verbali (e non) possono essere recepiti in modo molto diverso da cultura a cultura, con il rischio di generare ad esempio fraintendimenti o reazioni contrariate. Inoltre, è molto utile avere buone conoscenze enciclopediche in modo da riconoscere eventuali riferimenti intertestuali e gestirli in maniera appropriata, integrando nella componente verbale le informazioni necessarie agli spettatori di arrivo a comprendere il riferimento, se è sconosciuto.
Quali sono le principali modalità di traduzione audiovisiva e quali considerazioni si devono tenere presenti nella scelta tra sottotitolazione, doppiaggio o voice-over?
Le modalità più famose sono sicuramente sottotitolaggio e doppiaggio, a cui se ne affiancano molte altre: voice-over, audiodescrizione, respeaking, narrazione, localizzazione dei videogiochi, ecc. La scelta può dipendere da tanti fattori. Innanzitutto, le abitudini del pubblico: per motivi storici (politici e sociali), nei diversi Paesi si sono affermate alcune modalità a discapito di altre, anche se oggi la distinzione tra Paesi sottotitolatori e Paesi doppiatori è meno netta e pregnante che in passato. In secondo luogo, può essere preso in considerazione il prestigio del prodotto: per film d’autore, in cui un pubblico di solito più esigente vuole avere accesso ad una fruizione multilinguistica e multiculturale del testo di partenza, di norma si preferisce il sottotitolaggio, mentre per i “film di cassetta”, per i quali è prevista un’ampia affluenza di pubblico, Paesi come l’Italia optano per il doppiaggio. Un altro fattore non secondario è il budget a disposizione, dato che il sottotitolaggio è molto più economico del doppiaggio. O ancora l’età dei destinatari, nel caso di prodotti audiovisivi rivolti a bambini in età pre-scolare, che non riuscirebbero a seguire un prodotto sottotitolato… e così via. Un discorso a parte dovrebbe essere fatto, secondo me, per le modalità di TAV volte a rendere un testo audiovisivo accessibile anche in presenza di disabilità sensoriali. Poiché l’accessibilità dei media è stata riconosciuta come diritto umano, queste modalità dovrebbero sempre far parte di una produzione ed essere previste fin dall’inizio.
Quali sono i principali aspetti da considerare per garantire una traduzione audiovisiva di alta qualità e fedele all’opera originale?
I concetti di qualità, fedeltà ed equivalenza, già piuttosto problematici in altre branche della traduzione (es. quella letteraria) diventano ancora più difficili da circoscrivere in un contesto come quello della TAV. Non si tratta solo della maggiore complessità del testo audiovisivo, ma anche del fatto che, come si diceva, la componente verbale è solo una (piccola) parte dell’insieme ed è sempre soggetta a vincoli tecnici che hanno poco a che fare con la dimensione linguistica, ma che influenzano notevolmente le scelte e le strategie traduttive. Pensiamo ad esempio alla temporizzazione, un elemento cruciale sia nel sottotitolaggio sia nel doppiaggio, che rende necessarie strategie come riformulazione e condensazione del messaggio originale. Non a caso, per molto tempo la traduzione audiovisiva è stata descritta in letteratura come una forma di “adattamento”, piuttosto che di traduzione vera e propria. Detto questo, la qualità sta proprio nel conoscere a fondo e applicare tutto quel corpus di linee guida e migliori pratiche che negli ultimi trent’anni sono state messe a punto e definite in maniera sempre più rigorosa dal settore professionale e dalla ricerca accademica. Queste norme tengono conto delle esigenze e dei vincoli peculiari di ciascuna modalità (non solo sul piano linguistico, ma anche tecnico) e individuano degli standard di riferimento che consentono di distinguere un lavoro professionale da uno amatoriale. Sul concetto di fedeltà, che fa discutere chi si occupa di traduzione da diversi secoli, è invece più difficile esprimersi in maniera tanto netta. Personalmente, credo che la fedeltà in traduzione (anche audiovisiva) si riferisca soprattutto alle intenzioni comunicative e/o estetiche di chi ha creato il testo di partenza, allo scopo del testo e all’effetto che esso dovrebbe sortire sui destinatari. Se questi aspetti vengono compresi – premessa fondamentale – e riprodotti in maniera efficace nel testo di arrivo a livello globale e il più possibile locale, credo che si possa parlare di una traduzione fedele.
In che modo la traduzione audiovisiva, come l’audiodescrizione e il sottotitolaggio per non udenti, contribuisce a rendere i contenuti multimediali accessibili alle persone con disabilità sensoriali? Quali sono gli aspetti principali da considerare per garantire un’esperienza inclusiva per queste persone?
Audiodescrizione e sottotitolaggio per persone sorde sono servizi che consentono di rendere accessibili le informazioni trasmesse rispettivamente attraverso la vista e l’udito, canali sensoriali che, in presenza di disabilità, possono essere del tutto o in parte preclusi. Poiché in un prodotto audiovisivo ogni modalità semiotica è portatrice di una parte del significato, non avere accesso alle immagini o alla componente sonora (verbale e non verbale) può compromettere in maniera molto seria la comprensione e l’apprezzamento del prodotto. Oltre alle considerazioni già esposte in merito alla TAV in generale, valide per tutte le sue applicazioni, per dedicarsi con successo a queste specifiche modalità è necessario innanzitutto sviluppare una conoscenza puntuale delle esigenze dei destinatari primari, ovvero le persone con disabilità visive o uditive. Senza questa conoscenza, non è possibile comprendere la logica alla base delle strategie raccomandate nelle linee guida e, di conseguenza, produrre un testo di arrivo che raggiunga davvero l’obiettivo dell’accessibilità. L’altro aspetto da considerare riguarda il piano quantitativo: l’offerta di prodotti audiodescritti e/o sottotitolati per persone sorde è ancora limitata e non uniforme, sicuramente non paragonabile a quella rivolta a spettatori in pieno possesso di tutti i cinque sensi. Credo che sia importante rendersi conto del fatto che questa disparità deve essere superata e portare avanti un’opera di sensibilizzazione per fare dell’accessibilità dei media una realtà non solo sulla carta, ma soprattutto nella vita quotidiana di tutte le persone che, al momento, sono escluse da una piena fruizione dei prodotti audiovisivi. L’inclusione sociale è una responsabilità collettiva che ci riguarda tutti e la traduzione audiovisiva può farsi strumento di un cambiamento in questa direzione.
Siamo giunti all’ultima domanda. Vorremmo chiederle, quali sono le prospettive di carriera nel campo della traduzione audiovisiva e quali consigli hai per chi desidera intraprendere questa professione?
Credo che questo sia un momento molto favorevole per perseguire una carriera nel mondo della traduzione audiovisiva, che sta soffrendo di una carenza di professionisti qualificati. Il primo consiglio è sicuramente quello di ottenere una specializzazione solida, perché in questo campo non ci si può improvvisare. Per fortuna, negli ultimi anni si stanno aprendo sempre più opportunità di formazione grazie ai numerosi corsi universitari, master, conferenze, ecc., dedicati proprio alla TAV. Un altro consiglio sarebbe quello di confrontarsi con chi già opera in questo campo e quindi sa per esperienza cosa significa sottotitolare, adattare i dialoghi per il doppiaggio o audiodescrivere un film. In questo modo si eviterà di idealizzare un settore che non è meno stressante di altri, e di arrivare ai primi incarichi di lavoro con aspettative realistiche. Infine, consiglierei anche di arricchire la formazione squisitamente linguistica e tecnica con nozioni relative agli studi filmici e alla multimodalità, che trovo fondamentali per capire come funzionano i testi audiovisivi e quindi gestire al meglio la loro traduzione.
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